Anche volendo, rimane difficile, da qualche mese a questa parte, non parlare di inflazione. Che poi vuol dire toccare argomenti oramai “triti e ritriti”, ma che continuano a condizionare ogni giorno di più non solo i mercati, ma anche la nostra quotidianità. Materie prime, prezzi dell’energia, “colli di bottiglia” degli approvvigionamenti, costi dei trasporti via mare: non passa giorno che non si facciano calcoli sulle ripercussioni sul costo della vita di una situazione che trova pochi precedenti. Una fase che, sotto certi aspetti, ricorda gli anni 70 del secolo scorso, con il mondo alle prese con il primo vero shock energetico, che, però, non aveva portato, come oggi, per es, ad un così elevato crollo dell’offerta, o anche gli anni 80, quelli con l’inflazione, in molte Paesi, a 2 cifre (tutti, o quasi, ricordiamo i nostri BOT – titoli a 1 anno – con rendimenti superiori al 20%, livelli da Paesi sudamericani o dell’Africa sub-sahariana…), ma con un costo del denaro imparagonabile a quello odierno (in Europa siamo ancora sotto zero….).
A spaventare, oggi più che mai, i costi dell’energia: il petrolio è ai massimi da 7 anni, con il WTI (il petrolio “texano”) vicino ai $ 85 e il Brent (quello che si estrae nei mari del Nord) che ha superato i $ 86, con immediate ripercussioni sui prezzi di benzina e gasolio. E già si parla della possibilità che si arrivi a toccare i $ 100 nell’arco dei prossimi mesi. Peggio, molto peggio, va per il gas, che è arrivato a toccare, in Europa, rispetto ai valori ante-covid, aumenti superiori al 700 (settecento)%. Meglio va negli USA, dove l’aumento è stato “solo” del 66%. Nel caso del gas, si calcola che, rimanendo al nostro Paese, l’aumento della “bolletta” per le aziende arrivi a superare, quest’anno, € 37 MD (erano 8 nel 2019). Meglio dovrebbe andare nei prossimi anni, con una riduzione a € 22 MD l’anno prossimo, € 15,2 MD nel 2024, € 13 MD nel 2025.
Ma gli aumenti non si fermano all’energia: un po’ tutte le materie prime hanno avuto rialzi, nei migliori dei casi, a 2 cifre, dalle soft-commodities (prodotti agricoli o legati all’agricoltura, come il cotone – + 58% – o il caffè – si parla con insistenza di aumenti a breve per la tazzina del caffè o il cappuccino al bar) alle materie prime “industriali” (il rame, per esempio, è aumentato di circa il 60% dall’inizio della pandemia, per non parlare di alluminio o dei minerali di ferro).
Le conseguenze, come detto, si vedono non solo sui prezzi, ovviamente in forte aumento, ma anche sulle attività produttive. Molti settori stanno conoscendo una fase di fortissimo rallentamento (nell’automotive, tanto per citare forse quello più noto, si arriva a tempi di consegna oramai ben superiori all’anno, in alcuni casi oltre i 18 mesi: da qui il clamoroso aumento dei prezzi dell’usato, che negli USA, nelle ultime rilevazioni di gennaio vs dicembre è arrivato a segnare + 34%). Ma per altri sta andando ancora peggio, con diverse aziende collegate alla catena alimentare costrette addirittura a chiudere le linee di produzione. E si potrebbe continuare, con i noli marittimi mai così cari (senza contare i tempi di attesa per le spedizioni, in considerazione della mancanza di container); e l’aumento della carta, del cartone, del legno e della plastica sta facendo lievitare anche il costo degli imballaggi.
Fase delicata, quindi, per l’economia, ma forse ancor di più per i mercati, sempre più influenzati dalle scelte delle banche centrali, ma anche, da qui in avanti, attenti a cogliere qualsiasi “sfumatura” da parte dei “money makers”.
I mercati asiatici si apprestano a chiudere una giornata all’insegna dell’incertezza. Tra gli indici principali, solo Shanghai si avvia ad una chiusura positiva (+ 0,80%), grazie alla politica espansiva della Banca Centrale, che, un po’ contro-corrente, ha deciso una riduzione dei tassi per non penalizzare la ripresa (è vero che il PIL del 2021 – + 8,1% – è il più alto da diversi anni a questa parte, ma il dato del 4° trimestre – + 4% – è risultato in calo rispetto al trimestre precedente, quando era stato del 4,9%). Tokyo è in ribasso dello 0,27%, mentre Hong Kong ripiega dello 0,27%.
I futures preannunciano un avvio in calo, con il tecnologico Usa che potrebbe iniziare le negoziazioni in calo dell’1%, mentre va meglio per lo S&P, che attualmente indica un – 0,45%. In “rosso”, anche se meno pronunciato, anche i listini europei.
Petrolio lanciatissimo, con il WTI che questa mattina si porta sopra i $ 85 (+ 2%).
Gas naturale a $ 4,283, + 0,28%.
Cede leggermente l’oro, a $ 1.815.
Spread a 139 bp, con il BTP nei pressi di 1,35%.
Ancora in rialzo il rendimento del treasury, che si porta a 1,84%.
Il “movimento” del governativo americano aiuta il $, in leggero rafforzamento verso €, con €/$ a 1.139.
Bitcoin a $ 42.000, in ulteriore calo (– 1,5%).
Ps: e dunque le 10 persone più ricche del mondo pare detengano un patrimonio pari a $ 1.500 MD (2 anni fa era di $ 700 MD). Nello stesso tempo, ci sono al mondo 163 ML di persone che vivono sotto la soglia della povertà (identificata in $ 2 al giorno…). Detta in un altro modo, le 10 persone più ricche al mondo detengono una ricchezza pari a 6 volte quella detenuta dal 40% più povero della popolazione mondiale (circa 3,1 MD di persone). Il Covid sarà ricordato come una delle più grandi tragedie dell’umanità. Ma tutto, evidentemente, ancora una volta, è relativo.